Frank Miller è forse il creatore di fumetti più famoso
d’America. Nel corso della sua carriera è riuscito a raggiungere risultati
incredibili e credo che pochi altri autori possano vantare un curriculum come
il suo.
Dopo aver reinventato il personaggio di Daredevil per la
Marvel in uno splendido ciclo di storie all’inizio degli anni ’80,
inframmezzandolo con la mini Ronin, frutto di un colpo di fulmine con i manga e
soprattutto con le atmosfere di Kazuo Koike e Goseki Kojima su Lone Wolf &
Cub, passò alla DC per la quale creò forse la più famosa storia di Batman mai
scritta, quel Dark Knight Returns che presentava un Cavaliere Oscuro anziano e
a riposo ma non domo che decide di tornare in attività in una società ormai
decadente. Fu un successo clamoroso. L’anno dopo sempre alla DC, questa volta
solo come sceneggiatore per gli splendidi disegni di David Mazzucchelli, dopo
aver narrato l’Omega del mito Batman decide di reinterpretarne l’Alfa
rinarrando, aggiornandole le origini di
Batman. Negli anni successivi riportò in auge il genere noir nel fumetto con le
mini dedicate a “Sin City”, ed il genere storico interpretando col suo stile la
battaglia delle Termopili nella mini “300”, entrambi i progetti sono
successivamente stati trasposti al cinema con grande successo.
Poi dopo essere tornato a vivere nel 2001 ad Hell’s
Kitchen a New York, mentre accarezza l’idea, forse in un delirio di onnipotenza,
di dedicarsi ad un fumetto “a-la-300” che ripercorresse la vita di Gesù Cristo
ed avere partorito insieme ai vertici entusiasti della DC la decisione poco
intelligente di dare un seguito a Dark Knight Returns, in una mattina di
settembre Osama bin Laden decide di schiantare due aerei sulle Torri Gemelle e,
come si dice nei fumetti americani, niente è stato più lo stesso.
Di fronte ad un tale attacco da parte di forze nemiche
agli Stati Uniti, in Frank Miller, così come in molti altri suoi connazionali,
comincia a ribollire una sorta di delirio nazionalistico.
Diciamoci la verità, che Frank non fosse Fidel Castro ce
ne eravamo accorti già da un pezzo, da ognuna delle sue opere è sempre apparsa
abbastanza palese la sua visione della società e del mondo; se in una famosa intervista
post 11 settembre al Comics Journal si dichiara politicamente un “liberal
eagle”, già da un po’ nei suoi lavori più recenti si cominciava a sentire
un’aria, come dire, da “olio di ricino e manganelli”.
A questo punto però Frank decide di scendere in campo.
Terminato il pessimo Dark Knight 2 e messa da parte la biografia del Cristo, annuncia un “propaganda comics”, un fumetto
come quelli che si facevano durante la Seconda Guerra Mondiale in cui i
supereroi si picchiavano con spie naziste e battaglioni di truppe dell’Asse. Il
personaggio prescelto per suonarle ad Al Qaida sarà Batman nella mini Holy
Terror, il tutto orchestrato dall’amico ed editor della DC Bob Schreck. Quando
la notizia viene fuori molti fan di Miller restano alquanto basiti, dopo essere
stato per anni portabandiera della new wave del fumetto americano adesso i suoi
lavori denotavano una certa stanchezza mentale; la sua ultima opera, DK2-Dark
Knight Strikes Again, era stata una pantomima di sequel, con scene forse più
adatte a Sin City che a Gotham e colorato tra l’altro in maniera orrenda da una
Lynn Varley che aveva comprato Photoshop la mattina precedente, inoltre i
disegni dello stesso Miller cominciavano ad apparire non più smaglianti come un
tempo.
Insomma sembrava proprio che il suo percorso artistico
avesse imboccato una china discendente, continuando tra l’altro a condire il
tutto con interviste nelle quali decantava i vantaggi della allora imminente invasione
in Iraq, non tanto per il petrolio o le armi di distruzione di massa quanto per
dimostrare al mondo islamico di poter portare la propria vendetta in qualunque
momento, andando ad umiliare Saddam Hussein colpendolo nella sua figura di
leader mediorientale.
Paradossalmente è proprio a questo punto che la notorietà
di Frank Miller straborda al di fuori dei confini del mondo del fumetto.
Hollywood torna a bussare alla sua porta diversi anni dopo la deludente
esperienza come sceneggiatore dei sequel di Robocop, questa volta la chiamata è
di tutto rispetto e proviene dal “Clan Tarantino”. Robert Rodriguez, già
regista di El Mariachi e Desperado e protégé di Tarantino, da sempre grande fan
delle opere di Miller, decide di trasporre al cinema SIN CITY, ma non si
accontenta di adattarlo al grande schermo, decide di chiamare Miller come
co-regista e lo girano insieme usando il fumetto come se fosse lo storyboard
del film, trasponendolo praticamente vignetta per vignetta, ricreando
totalmente la pagina disegnata; inoltre Rodriguez decide di girarlo con una nuova
tecnica che ricrei il bianco e nero delle tavole ed affidandosi ad un cast da
sbancare i botteghini che comprendeva Bruce Willis, Benicio Del Toro, Mickey
Rourke e Clive Owen insieme a tanti altri. Fu un grande successo che aprì a
Miller le porte di una nuova notorietà, dopo il successo di Sin City ed in
attesa di poterne fare un seguito anche un altro suo graphic novel viene
trasposto con lo stesso procedimento inventato da Rodriguez per il primo film, questa
volta si tratta di “300”, per la regia del semi esordiente Zack Snyder. Anche
in questo caso il successo arrise al progetto trasformando il film in un
instant-cult tra le nuove generazioni ma attirandosi anche critiche di razzismo
anti islamico per il modo in cui vengono descritti i persiani di Serse.
(la successiva parte di articolo non è stata pubblicata in quanto l'editore BAO, esclusiva Alastor, ha annunciato la pubblicazione del volume Holy Terror)
(la successiva parte di articolo non è stata pubblicata in quanto l'editore BAO, esclusiva Alastor, ha annunciato la pubblicazione del volume Holy Terror)
Grazie a questa attenzione mediatica il nome di Frank
Miller diventa, ancor più che in passato, una calamita di attenzione, lo si
capisce a pieno quando decide di tornare al fumetto con una nuova avventura di
Batman disegnata stavolta da Jim Lee, creando così una coppia da sogno per qualsiasi
fan del fumetto americano. La serie All Star Batman & Robin diventerà il
best seller di quell’anno ma risente di interminabili ritardi dovuti agli
impegni hollywoodiani di Miller e ad una carenza di idee quasi disarmante, ogni
pagina è splendidamente disegnata da un Jim Lee al meglio delle sue abilità,
grazie anche all’enorme quantità di tempo a disposizione tra una sceneggiatura
e l’altra, più che un fumetto di Miller sembra la sua parodia e resta tuttora
incompiuta per i molteplici impegni di entrambi gli autori e speriamo che resti
così, visto che già da tempo si è guadagnata il titolo di “CaXXta meglio
disegnata della storia dei comics”.
Ed infine quest’anno, dieci anni dopo l’attacco alle
Torri Gemelle, è finalmente uscito Holy Terror, il “propaganda comic” anti Al
Qaida; nel frattempo però alcune cose sono cambiate. Dopo aver letto la
sceneggiatura la DC si è tirata indietro e non ha concesso l’uso di Batman per
il progetto, tra l’altro l’amico editor Bob Schreck era stato licenziato dopo
un problema col numero 10 di All Star che l’editore era stato costretto a
ritirare dagli scaffali e ristampare a causa della mancanza di pecette nere su alcune
battute di Batgirl cariche di parolacce, il tutto a quattro mesi dall’uscita
del numero precedente aumentando ancora di più il ritardo della serie, inoltre
la Legendary Pictures, che aveva prodotto i lungometraggi ispirati ai suoi
lavori, aveva deciso di aprire una sussidiaria che pubblicasse fumetti da
adattare successivamente al grande schermo; è qui che si accasa il progetto
Holy Terror che, col beneplacito della DC, propone un vigilante speculare a Batman di nome Fixer che mentre
insegue una ladra vestita da gatta viene coinvolto in un attentato e da qui
prende l’avvio una delle storie più banali e stupide che la mente umana abbia
mai concepito, tutti i personaggi sono ampiamente stereotipati e non vi è
traccia del minimo approfondimento psicologico, una diffusa ignoranza permea
tutto il volume, non un minuto del tempo di Frank Miller pare sia stato speso
per approfondire la cultura islamica ed i motivi alla base del diffuso
antiamericanismo della società mediorientale; l’unico discorso che muove la
storia è che noi siamo i buoni e civilizzati e gli altri sono i cattivi e
selvaggi e che se attaccati la vendetta si abbatterà su di voi più potente
della collera divina.
Insomma, una vera ciofeca! Per di più disegnata alla caXXo
di cane!!! In definitiva, fuori tempo massimo, se questa storia fosse uscita a
ridosso dell’attentato alle Torri Gemelle forse avrebbe addirittura avuto un
senso ma adesso, dopo dieci anni sembra solo l’invettiva di un vecchio e
inacidito elettore dell’ultra destra americana. Devo ammettere, da vecchio fan
di Frank Miller, che sono stati i dieci minuti, tanto occorre per leggere Holy
Terror, più brutti della mia vita.
Poi non contento di averci deliziati con questo ignobile
e puerile tentativo di propaganda, Frank Miller è riuscito di nuovo a stupire
tutti quando dal suo blog si è scagliato contro i manifestanti di “Occupy Wall
Street”, il movimento di cittadini indignati che ha deciso di occupare le
strade del quartier generale della finanza americana. Miller li definisce così:
“Occupy” non è altro che un gruppo di zoticoni, ladri, stupratori gente
senza regole alimentata dalla nostalgia dell’era Woodstock. Questi pagliacci
non possono fare altro che danneggiare l’America.” E ancora: ” Questa non è una rivolta popolare.
Questa è spazzatura. In nome della decenza, tornata a casa, perdenti. Tornate
nello scantinato della mamma a giocare con Lords Of Warcraft. O meglio ancora,
arruolatevi per davvero. Forse i nostri militari potrebbero rimettervi in riga.”.
Ovviamente il
post non è passato inosservato e a scatenato una ridda di reazioni, tra chi propone di boicottare
Frank Miller e tutte le sue pubblicazioni a chi, forse più intelligentemente,
gli fa notare di non aver compreso che le istanze avanzate dal movimento
“Occupy” non chiedono il “socialismo reale” ma semplicemente più equità
sociale. Anche tra i suoi colleghi c’e stato chi come Ann Nocenti ha provato a
spiegargli che il movimento “Occupy” è composto da studenti, operai, giovani,
anziani, ricchi, poveri, gente di destra e di sinistra e perfino qualche
poliziotto e tutti chiedono la stessa cosa, non l’assenza di regole ma il
cambiamento di quelle che consentono a poche banche di mettere in ginocchio
un’intera nazione; poi c’è chi come Mark
Millar, sempre più abile smerigliatore di deretani, che ha dichiarato di non
pronunciarsi sulla questione “Occupy” ma di apprezzare che Frank Miller abbia
la possibilità di poter dire quello che pensa anche se non gradito a tutti.
Un poeta
milanese invece dice che il Viale del Tramonto si percorre a piedi nudi, e
allora, Frank, appendi le scarpe al chiodo e lasciaci una buona immagine di te,
se sei ancora in tempo.
2 commenti:
Si è rincretinito. Totale.
Ti quoto l'ultima frase!
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