Bentornati comics fan. Oggi parliamo di marijuana.
Lo so, starete pensando che finalmente mi sono bevuto il cervello ma in realtà non è così. Alcuni mesi fa vi riportai l’annuncio dell’esordio nel mondo del fumetto americano di Ziggy Marley, figlio del mitico Bob, con un nuovo supereroe dall’evocativo nome di MarijuanaMan. Proprio questo mese la Image manda alle stampe il volume che vede oltre a Ziggy Marley come creatore e sceneggiatore anche Joe Casey come co-sceneggiatore e Jim Mahfood ai disegni. Entrambi non sono nomi sconosciuti al panorama fumettistico a stelle e strisce, il primo è stato autore di numerose run su quasi tutte le principali icone supereroistiche americane, mentre il secondo, oltre ad un’avviata carriera di designer e graffitaro, vanta nella sua carriera di fumettista i disegni, su testi di Kevin Smith, delle avventure del cast di CLERKS, compresi Jay e Silent Bob i più famosi fattoni del recente passato.
Ovviamente sono più che consapevole che non è questa la sede adatta per affrontare gli aspetti socio-culturali della marijuana e delle istanze, a parer di chi scrive legittime, degli antiproibizionisti, quello che vorrei esaminare, prendendo spunto dall’uscita del fumetto di Ziggy Marley, è il modo in cui questa sostanza stupefacente, forse la più diffusa e dibattuta del pianeta, è stata trattata nel fumetto americano. Credo di non stupire nessuno dicendo che fino agli anni ‘20/’30 gli Stati Uniti sono stati forse il maggior produttore di canapa del mondo la quale veniva sfruttata in numerosi campi tra cui la produzione di carta per i giornali. Possiamo praticamente dire che Yellow Kid fu stampato su carta di canapa, così come la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e la Costituzione Americana. Con gli anni ‘20 iniziò la battaglia dei quotidiani di William Randolph Hearst per la messa al bando della economicissima canapa per sostituirla con la carta derivante dalla cellulosa del legno, poco importava all’epoca che tutto nascesse dall’esigenza di Hearst di far fruttare le migliaia di acri di foresta di sua proprietà. Fatto sta che, supportato dal Dipartimento di Sanità americano ed ignorato da quello dell’Agricoltura, la massiccia campagna proibizionista dei quotidiani di Hearst portò alla messa al bando della canapa vista ormai solo come sostanza stupefacente piuttosto che come risorsa economica. Per sradicare dalla mente degli americani la canapa e i “discutibili” usi che se ne potevano fare non si esitò ad accusare persino un’icona del pubblico giovanile dell’epoca, Popeye, di istigazione all’uso di marijuana, con la sua pipa sempre in bocca e la sua passione per i vegetali verdi. Ne risultò che la marijuana, intesa come inflorescenza della pianta di canapa, venne relegata al sottobosco culturale del proibito ad uso e consumo di criminali e menti deboli. Sarà così fino agli anni ’50, quando la EC Comics, pescando proprio in quel sottobosco culturale, la ripropone ai lettori nelle sue storie poliziesche proponendo zar del crimine arricchitisi con lo spaccio, esaltati dalla pistola facile dediti al consumo di spinelli e giovani spinellomani incuranti della realtà che li circonda. Non durò neanche quella volta; la crociata moralista causata da “La Seduzione degli Innocenti” di Fredric Wertham, portò alla chiusura della EC, accusata di istigare i suoi lettori a tutti i comportamenti più abbietti, e all’istituzione del Comics Code Authority, l’organo di autocensura degli editori di fumetti. Da quel momento in poi nel fumetto americano tutti i consumatori di sostanze stupefacenti sono relegati a pantomime di esseri umani che vivono ai margini della società, anche le fugaci apparizioni degli anni ’70 nelle testate meanstream, penso a Spiderman e a Green Arrow/Green Lantern, non si distaccano da questo trend.
Improvvisamente però, si è venuta a formare, negli anni ’60, una editoria parallela che, come i ragazzi dell’epoca, porta in sé il germe della contestazione alle autorità. In netta contrapposizione con le generazioni che l’avevano preceduta, questa nuova ondata di giovani americani non accetta più per oro colato ciò che viene detto dal governo centrale e dall’autorità in generale, che sia essa Stato o Famiglia. Ma soprattutto questa generazione ha riscoperto le proprietà ludiche della marijuana come amplificatore mentale e le porta nelle sue opere a fumetti; i protagonisti non sono più disadattati sociali ma psiconauti e amanti della natura e della vita. Con la scoperta del LSD e dei viaggi lisergici questa generazione cercava di aprire le porte di un mondo immateriale che fosse pura consapevolezza mentre con l’uso della marijuana cercava di entrare in empatia con i suoi simili e con la natura.
Anche il fumetto meanstream con i suoi limiti autoimposti e le sue ferree regole non poteva dar voce a questa nuova generazione di autori e da queste esigenze che nacque il fumetto underground, in special modo quello della scena della baia di San Francisco. In fumetti come Zap, Snatch, Homegrown Fantasies e tanti altri, autori come Robert Crumb, Gilbert Shelton, Spain Rodriguez, Victor Moscoso, Rick Griffin scardinavano le regole del fumetto in storie allucinate in cui i protagonisti facevano sesso, si drogavano, dicevano parolacce e si spingevano oltre limiti fino a quel momento inconcepibili. Le stelle di questo movimento furono Robert Crumb e Gilbert Shelton.
Crumb, che più di una volta ha ammesso di aver usato marijuana fin dal 1965, è forse il più rappresentativo tra gli autori dell’Underground americano, nelle sue storie traspare in maniera disarmante la sua psicologia, le sue idiosincrasie e manie. Alcuni dei suoi personaggi come Mr.Natural, Frits the Cat, Snoid, entrarono nell’immaginario collettivo ed il suo “Keep on Truckin” divenne il manifesto della generazione hippy. Gilbert Shelton , che ricordo con la sua aria da ex-hippy settantenne in un Comicon di alcuni anni fa, fu l’altra stella dell’underground. I suoi Fabolous Furry Freak Brothers furono i portabandiera dell’uso ludico della marijuana. Nelle loro storie i Freak Brothers, Phineas, Fat Freddy e Freewheelin'Franklin, sono un trio di hippies fattoni che cercano di escogitare sempre nuovi modi per procurarsi della marijuana e per scampare alle retate della polizia. Pigri, indolenti, allergici al lavoro ed in definitiva con l’unico obiettivo nella vita di scroccare un passaggio sul viale dell’esistenza, i Freak Brothers sembrarono quasi contagiare con la propria fattanza il loro creatore che ne disegna solo una quindicina di albi in vent’anni; furono delle icone dalla popolarità vastissima in quegli anni tanto che nel ‘72 Hugh Hefner propose a Shelton di inventare un gioco da tavolo sui Freak Brothers da allegare a Playboy. Il loro successo durò fino alla seconda metà degli anni ‘70 e nelle ultime storie Phineas, il grower del trio, mette in guardia i lettori sull’uso di pillole e droghe letali quali cocaina ed eroina che di lì a poco avrebbero invaso i mercati e portato via un gran numero di ragazzi.
Ma mentre le droghe pesanti si radicavano tra i consumi illegali dei giovani, proprio durante gli anni ’70, dalla Giamaica, un nuovo movimento musicale, la reggae music, si faceva strada in Europa e in America portando alla ribalta i ritmi e gli usi dell’isola caraibica e diffondendo la cultura dei rastafarai. Questi ultimi sono soliti consumare marijuana per purificare il corpo e la mente, guarire l’anima, esaltare la consapevolezza e avvicinarsi a Jah (Dio). Il principale artista reggae e ambasciatore del rastafarianesimo nel mondo è stato Bob Marley. Oggi in tutti i media la cannabis non viene più vista solo come sostanza stupefacente da evitare a priori, la scoperta dei benefici terapeutici per numerose patologie ha fatto sì che il mondo scientifico si interessasse a questa pianta come terapia per il cancro, l’AIDS e altre malattie, ed anche le altre funzioni della canapa sono state riscoperte dopo molti anni, la fibra da tessere, la fibra da carta e perfino il biocarburante. Anche alla TV e al cinema è facile imbattersi in programmi che ne parlano senza mezzi termini, come Weeds oppure i protagonisti dell’universo cinematografico di Kevin Smith. Adesso anche nel fumetto si cerca di sdoganare l’argomento e toccherà proprio al figlio di Bob Marley cercare di far cadere alcuni dei pregiudizi che un secolo di proibizionismo hanno radicato nella società.
Nessun commento:
Posta un commento