Bentornati comics fan! Questo mese parliamo di fumetti e tribunali.
In un mondo del fumetto in cui i ricavi derivanti dalle effettive vendite degli albi si assottigliano sempre di più, a farla da padrone sono soprattutto le royalties e i dividendi che provengono dallo sfruttamento dei personaggi in altri settori, in special modo dal cinema e dalla TV.
Sempre più spesso capita che autori, case editrici, disegnatori e editors debbano sedersi sui banchi dei tribunali per dirimere le questioni economiche derivanti da questo sfruttamento extrafumettistico e talvolta addirittura per capire a chi appartengono realmente i personaggi delle varie serie. Solo nel mese trascorso le notizie relative a questo tipo di eventi hanno sovrastato le tradizionali news fumettistiche d’oltreoceano fatte ultimamente sempre più spesso di roboanti annunci di aria fritta, inutili interviste a Rob Liefield ed eterni dilemma nerd del tipo “Howard the Duck è di destra o di sinistra?” piuttosto che “è più equo Mario Monti o CuordiPietra Famedoro?”
Tra i contendenti principali a ricorrere alla carta bollata troviamo Tony Moore, il disegnatore del primo arco narrativo di Walking Dead e creatore grafico dei personaggi principali della serie, che ha deciso di portare in tribunale Robert Kirkman lo sceneggiatore e vera anima del survival horror best seller dell’Image. L’oggetto del contendere in questo caso non è la proprietà della serie e dei personaggi, infatti quando Moore lasciò la serie per inseguire altri progetti i due creatori, tra l’altro amici inseparabili dai tempi delle medie, decisero di mettere tutto nero su bianco decidendo con i loro avvocati la percentuale di royalties che sarebbero toccate a Moore negli anni a venire per il suo lavoro di creatore grafico della serie. Affare fatto e amici come prima. È stato così per anni finché non è arrivata la serie TV della AMC diretta da Frank “Miglio Verde” Darabont che ha acceso i riflettori sul fumetto e ha reso i volumi della serie tra i più venduti degli ultimi anni. Sarà stato a questo punto che Tony Moore deve aver pensato di aver fatto un grosso sbaglio ritrovandosi improvvisamente ad essere additato come “il minkione che ha rinunciato a Walking Dead e prende le briciole di Kirkman”. E quindi tra i non-più-così-amici Kirkman e Moore si ritorna a trattare tramite avvocati ma stavolta sono tutti meno accondiscendenti rispetto alla volta precedente perché in discussione non c’è la percentuale ma piuttosto il sospetto che non tutti i soldi che Moore crede di dover ricevere gli sono stati dati. Insomma, Tony Moore sostiene: è vero che negli ultimi anni le mie royalties sono cresciute in maniera esponenziale, dopo tutto Walking Dead Vol.1 è forse il volume più venduto degli ultimi 5 anni, ma se non posso accedere ai documenti finanziari relativi agli incassi generati dalla serie come faccio a sapere se mi state dando quello che mi spetta?
A questo punto gli anni spesi a leggere legal thriller mi suggeriscono che gli avvocati di Kirkman sosterranno la tesi che il contratto stipulato tra le parti non prevede che Moore debba avere accesso a quelle informazioni poi Tony Moore potrebbe provare a far dichiarare il contratto non valido in quanto truffaldino tentando di farlo decadere e poter mettere in moto un ginepraio legale sulla proprietà dell’intera serie onde scucire una montagna di soldi a Kirkman il quale, con i soldi derivati dalla serie televisiva ingaggerà gli avvocati di O.J.Simpson e lo distruggerà portando come prova volumi di “Exterminators” e del nuovo Venom, i “capolavori” prodotti da Tony Moore dopo aver abbandonato Walking Dead, a quel punto il giudice, dopo aver visionato le prove, darà ragione a Kirkman sancendo la totale idiozia di Tony Moore.
Insomma siamo nel pieno territorio delle supposizioni ma non credo che questa storia finirà molto presto. Vi terrò informati.
La vicenda Kirkman-Moore mi fa venire in mente che una causa che possiede esattamente gli stessi presupposti ma che non si farà è quella relativa a “Before Watchmen”, l’insieme di miniserie dai team creativi stellari messe in piedi dalla DC che esploreranno il passato dei protagonisti del capolavoro di Alan Moore e Dave Gibbons. Dopo l’annuncio dell’editore si è molto parlato del contratto originale che la DC fece agli autori, un contratto che in tempi non solo recenti Alan Moore ha definito “poco pulito”, praticamente il contratto prevedeva che i diritti della serie sarebbero tornati agli autori nel momento stesso in cui l’edizione in volume fosse stata fuori catalogo per almeno 12 mesi, sappiamo tutti che è impossibile che la DC possa tenere Watchmen fuori catalogo per almeno un anno, dopotutto è su quel volume che la DC ha costruito il suo dominio nel mercato dei volumi, un dominio radicato negli anni successivi dai volumi di Sandman di Neil Gaiman al quale, visto i buoni risultati derivati dal contratto fatto ad Alan Moore, è stata propinata la stessa polpetta avvelenata.
Dopo l’annuncio la rete si è ovviamente spaccata tra pro e contro, dalla sua l’editore ha l’avallo di Dave Gibbons, co-creatore della serie con Moore mentre i detrattori del progetto pontificano sulla sacralità dell’opera originale. Io credo semplicemente che in tutti i settori dell’arte ci sono opere che nascono per essere “definitive”; definitive nel loro svolgimento narrativo certo ma soprattutto definitive nel loro porsi come punto fermo, esempio e modello per quelli che lo seguiranno. Watchmen è stato questo non solo per il fumetto americano ma anche e soprattutto per la letteratura anglosassone; ha dimostrato le potenzialità del medium fumetto sfruttando la visibilità del genere supereroistico per sperimentare un linguaggio più adulto esibendo decine di tecniche narrative differenti. Andare a toccare una cosa del genere non sarebbe né impossibile né blasfemo, sarebbe semplicemente stupido, quello che mi aspetto da queste mini è semplicemente un enorme omaggio a quel mondo così perfettamente creato da Alan Moore.
Ma la questione vera non è nella qualità del progetto quanto nella sua moralità perché alla base di tutto c’è sempre la polpetta avvelenata di cui sopra. In un’intervista successiva all’annuncio delle miniserie di “Before Watchmen” Alan Moore ha liquidato la questione relativa ad azioni legali dichiarando che alcuni anni fa il suo avvocato gli aveva chiesto di poter leggere il contratto per mera curiosità e dopo averlo spulciato gli aveva detto che quello era forse il contratto meno “creator friendly” che avesse mai visto, redatto con l’unico scopo di estromettere gli autori e che qualche appiglio ci poteva anche essere ma non senza anni di battaglie legali, ma Moore ha ribadito: “se avessi voluto fare i soldi con Watchmen avrei potuto farlo in qualsiasi momento, mi sarebbe bastato alzare la cornetta chiamare la DC e dire: -voglio fare Watchmen 2, 3 e se mi gira anche 4- e mi avrebbero coperto di soldi, e poi una battaglia legale mi vincolerebbe al silenzio in pubblico su questa faccenda mentre io voglio proprio l’opposto, voglio poter parlare liberamente del modo in cui gli autori vengono trattati dalle major in America”. Chiarissimo, direi.
Ma in America gli avvocati non dormono mai, altra azione legale in partenza è quella che la Edgar Rice Burroughs Inc, la società che tutela gli interessi degli eredi del creatore di Tarzan, ha intentato alla Dynamite per i fumetti “Lord of the Jungle” e “Warlord of Mars”. Per le leggi sul copyright americane i concetti e le avventure dei libri di Tarzan e John Carter sono di pubblico dominio ma i nomi Tarzan e John Carter sono tutelati dal copyright come marchi registrati e non si possono usare se non sotto licenza dalla Burroughs Inc., quest’ultima ha quindi fatto causa a Dynamite adducendo come scusa che il modo in cui vengono ritratti questi cloni senza nome dei due personaggi più famosi dello scrittore ledono l’immagine di quelli tradizio -nali e preten -dono una vagonata di dollari di danni. Hanno addirittura citato una copertina di Arthur Adams per Princess of Mars come esempio “pornografico”, evidentemente non devono aver letto i libri di Burroughs nella quale appare la principessa, perfettamente riprodotta, direi parola per parola, dal mitico Art nella sua copertina. Quello che sappiamo per certo è che c’è un film di John Carter in uscita nei prossimi mesi targato Disney. Il colosso di Burbank ha ovviamente preso la licenza del nome John Carter per i merchandising collegato al film quindi non la vedo messa bene per i tipi della Dynamite, i nipotini di Zio Walt non perdonano chi rubacchia dalla loro mangiatoia.
A tale proposito ne sa qualcosa il signor Gary Friedrich; questo arzillo vecchietto è il creatore di Ghost Rider, il motociclista fiammeggiante della Marvel, un’icona degli anni’70. Gary Friedrich dopo l’uscita del primo film dedicato all’eroe decide di fare causa alla Marvel per i diritti del personaggio, immaginate una versione in piccolo della causa Kirby vs. Marvel. Dopo svariate udienze ed anni di processo ha perso la causa e ha dovuto pagare anche le spese processuali, poi si è ammalato e sta rischiando di perdere la casa. La sua unica entrata attuale è vendere stampe autografate di Ghost Rider alle convention, o forse dovrei dire era. Sì, perché dopo l’arrivo della Disney la Marvel ha inaugurato la prima “azione legale per vendetta”, facendo causa a Gary Friedrich per le sue stampe e chiedendogli 17.000 $ di danni per infrangimento del copyright.
Dei veri signori, insomma! Già che c’erano potevano mandargli anche Pietro Gambadilegno a casa a spezzargli le gambe. Quello che hanno sottovalutato è l’effetto a lungo termine in caso di vittoria, perché in fin dei conti ogni disegnatore che fa un disegno ad una fiera o una commission a pagamento ad un fan infrange la legge sul copyright, o non è così?
Bah, roba da azzeccagarbugli.
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