venerdì 18 aprile 2014

Celebrity Death Match


Bentornati amanti del fumetto a stelle e strisce e bentornati anche a quelli che credono che il rumore di una pagina che gira sia -click-.
Oggi per voi avevo pronto un bell’articolo di quelli seriosi, che scavano nel passato del fumetto USA e riesumano nomi ormai  semi dimenticati dell’Arte Sequenziale, poi ho deciso di risparmiarvi e di chiuderlo nel cassetto come quell’episodio fill-in degli anni ‘80 pronto per essere tirato fuori  appena avrò realizzato il mio piano segreto di ingravidare una delle figlie del sovrano d’Olanda per instaurami sul trono d’Orange.
Nell’attesa che i servizi segreti olandesi mi spezzino le gambe oggi parliamo di una delle più vecchie faide del mondo del fumetto, quella che vede protagonisti Alan Moore e Grant Morrison.
-rullo di tamburi-
“Dal Wembley Stadium di Londra, l’incontro più atteso dell’anno”.
Nell’angolo rosso, dalla capitale del Northamptonshire, con un’altezza di un metro e novantadue di barba e peli superflui, il Bardo di Northampton, lo storyteller degli storyteller, la leggenda del fumettoooooooo ALAAAAN MOOOORE.
Nell’angolo blu lo sfidante, l’uomo che salta dalla California alla fredda Glasgow con un sol balzo, il dandy-nerd, il fashion idol del Fumetto, la superstar dello spandex, la pelata più lucente di Gotham, lo spregiudicato GRAAAAANT MOOOORRISOOON.

- ALERT! - Avvisiamo gli spettatori che nessuno dei contendenti ha superato il test antidoping. 


 
Questa faida va avanti praticamente dagli anni ‘90 anche se devo ammettere che per molto tempo è stata combattuta su un solo fronte, cioè quello dello sfidante glasvegiano che a più riprese ha provato a punzecchiare Moore il quale dall’alto della sua bibliografia ha sempre fatto spalluce e tirato dritto per la sua strada. Questo fino a circa un anno fa, quando una giornalista dell’Indipendent, noto quotidiano inglese, chiede in anteprima l’ultimo volume di League of Extraordinary Gentleman: Century per recensirlo (una prassi normalissima in modo che le recensioni escano poi a ridosso dell’uscita effettiva), l’editore accetta inviando l’anteprima del volume vincolata ad un accordo di riservatezza non dissimile da quello che il quotidiano aveva sottoscritto con J.K.Rowling, la creatrice di Harry Potter, alla richiesta di anteprima del finale della serie del maghetto più famoso di sempre. Fin qui tutto regolare sennonché la giornalista dell’Indipendent, tale Laura Sneddon, decide non solo di recensirlo ma di svelare l’intera trama del volume e l’identità del “Moonchild”, un mistero che Moore stava costruendo fin dal primo volume e che si sarebbe svelato solo nel finale della serie. A questo punto cominciano a volare giù tutta una serie di progenitrici di messia sia da parte dell’editore che di Moore stesso che decide di non aver più nulla a che fare con l’Indipendent e i suoi giornalisti.
Ma una delle cose che ha fatto girare di più gli zebedei a Moore è il fatto che la giornalista, successivamente defenestrata dal quotidiano, sollevasse alcune obiezioni sulla persistenza nelle opere di Moore della tematica della violenza sulle donne e dello stupro come arma di offesa, arrivando ad importunare Melinda Gebbie, moglie di Moore, fino ad una convention in Spagna per sapere cosa ne pensasse, come donna, del fatto che nelle opere di suo marito la violenza sulle donne e lo stupro fossero temi ciclici e funzionali allo sviluppo delle trame. A questo punto Moore si è reso conto che gli appunti che gli venivano mossi da questa pseudo-giornalista erano in gran parte tra gli stessi usati da Morrison in alcune interviste e non ci ha visto più. Moore ha quindi colto l'occasione di un'intervista online per togliersi qualche pietra dalla scarpa liquidando Morrison come uno stalker letterario, un pessimo imitatore del lavoro altrui, in special modo il suo e quello di Michael Moorcock, il creatore di Elric e soprattutto di Jerry Cornelius, agente segreto e lisergico viaggiatore spazio-temporale, creato da Moorcock per essere inteso come il primo personaggio open source della letteratura, nell'intenzione di creare l'archetipo definitivo dell'avventuriero interdimensionale. A Cornelius si sono ispirati negli  anni Moebius per il Garage Ermetico, Bryan Talbot per Luther Arkwright e quella che é stata la pietra dello scandalo, la creazione di Morrison e suo alter ego Gideon Stargrave. Dopo la sua apparizione su Invisibles,  Moorcock protestò ufficialmente con la DC poiché riteneva che Stargrave non fosse solo ispirato a Cornelius ma ne fosse un plagio bello e buono.  
Dal canto suo Morrison non ha mai risparmiato critiche all'opera più nota di Moore, Watchmen, dichiarando che fosse un pò più che ispirata dal romanzo "Superfolks" di Robert Mayer.
Moore ha addirittura liquidato Morrison come dilettante della magia per puro gusto di imitazione e  squallido appartenente al partito conservatore per aver accettato l'estate scorsa un'onorificenza dalla Regina definendolo punk da operetta.
Insomma sono volati gli stracci tra i due autori britannici più noti; Morrison si è difeso sul sito TheBeat ma, quasi fosse un autogol, la redattrice dell'articolo è la stessa giornalista che aveva fatto imbestialire Moore sull’Indipendent.
Ma infondo la verità è una sola e cioè che questi due dotatissimi scrittori concepiscono in maniera totalmente differente il mondo del fumetto, Moore rinfaccia a Morrison di voler essere costantemente al centro dell’attenzione e di ambire ad essere il cocco di ogni editore d’America anche a costo di plagiare altri autori; Morrison dal canto suo rinfaccia a Moore la sua costante idiosincrasia per il mondo del fumetto e chi vi lavora.
 Secondo lo scrittore di Glasgow Moore avrebbe potuto essere l’ambasciatore del fumetto e mentore di tutta una nuova generazione di autori mentre invece ha preferito chiudersi in casa e gettare palate di fango su chiunque fosse venuto dopo di lui. Insomma due caratteri inconciliabili, il più famoso autore meanstream che si comporta come un fumettista underground e la superstar del fumetto anglosassone che cerca costantemente di emergere da un ombra più grande della sua che in realtà non lo nasconde più da molto tempo, se solo la smettesse di soffrire dell’invidia del pene di Alan Moore ne gioverebbe tutta la sua produzione.
Resta il fatto che da semplice lettore spero che questa (in)sana rivalità ci regali opere sempre più ardite e originali da parte di questi due giganti del fumetto anglosassone, dopo tutto alcuni vecchi adagi non passano mai di moda, “tra i due litiganti il terzo gode” e fortunatamente il terzo siamo noi lettori.

1 commento:

Luca Dell'Isola ha detto...

Come sempre un'analisi attenta e lucida!
Bravo CELESSEDDI'